Paesaggi sonori. Musica, voci, rumori: l'universo dell'ascolto. A cura di Michael Bull e Les Back - Ed. Il Saggiatore, 2008 370p. 22,00€
Paesaggi sonori è una raccolta di contributi di autori vari a cura di Les Back e Michael Bull, entrambi impegnati nello studio ed insegnamento di scienze sociali. Questo testo restituisce dignità al senso dell'udito, dal quale ricaviamo informazioni non meno significative di altri sensi per orientare il nostro giudizio su mondo.
La casa editrice Il Saggiatore ha utilizzato un titolo che richiama un celebre saggio, Paesaggio Sonoro ovvero The Tuning of the World del 1977, di Raymond Murray Schafer, forse per dare una continuità storica agli studi sulla dimensione sonora che ci circonda, forse perchè una traduzione letterale, dal titolo originale The auditory culture reader, sarebbe stata poco proponibile in termini pubblicitari.
Con la lettura ci si rende presto conto del limite imposto dal dominio della visione tra i sensi. Lo strumento d'indagine qui proposto, l'udito, guida invece ad una conoscenza dei fenomeni in modo pervasivo, irrinunciabile. Del resto mentre tutti possiamo sperimentare l'assenza di luce, il buio, non possiamo vantare lo stessa possibilità con il silenzio. Il suono è ovunque, anche inconsciamente non smette di fornire informazioni per delineare di continuo gli innumerevoli "paesaggi sonori" nei quali siamo immersi. Ci si imbatte in teorie che possono interessare o lasciare indifferenti, strane affermazioni ("...il battimano è il superflusso benigno del corpo, la diarrea del suono.").
Non mancano analisi che tracciano paralleli tra le trasformazioni sociali ed il modo di fruire musica, con citazioni quasi ovvie all'interno dei cultural studies e la musicologia, da Adorno, Benjamin, Tagg, Barthes.
Diviso in parti il testo analizza numerosi aspetti di natura sociologica, storica, musicologica, antropologica.
Filmer delinea con un linguaggio dotto le interazioni tra cultura, tempo e musica, spiegando le ragioni fondanti dello stare insieme sulla base di una comunanza di cui la musica ne è il riflesso.
I Paesaggi Sonori sono espressione delle diverse culture e con queste si adattano e modificano nel tempo. Nel paesaggio sonoro, ad esempio, le campane strutturano lo spazio sonoro, quindi i confini e la coesione della comunità.
Ciò che si compie con la lettura di questa raccolta è la presa di coscienza del suono come strumento di indagine e della tirannia della visione, aspetto appartenente alla cultura Occidentale ma non sempre attribuibile ad altre culture.
Trattandosi di contributi da vari autori alcuni risulteranno per addetti ai lavori, ad esempio il filosofare sull'ascolto mediato dallo stetoscopio e sulle implicazioni sociali del suo impiego.
Con l'approccio antropologico si spiega invece la definizione di paesaggio sonoro attraverso una stretta relazione tra la produzione di suono con l'ambiente (tra il popolo dei Kaluli), o con il contesto sociale (i tamburi irlandesi).
A volte è uno smarrirsi in dettagli etnici, storici, culturali dove si perde di vista la dimensione del suono. Il Powwow diventa occasione per trattare della segregazione dei nativi americani, non più descrizione del paesaggio sonoro ma della sua perdita.
Il discorso si allarga poi, entrando a pieno regime nel concetto, con l'intero capitolo sul suono nella città, la deterritorializzazione dell'ambiente urbano vissuto con il filtro acustico delle cuffie e del walkman, uno strumento che porta nel nome la natura errabonda del moderno viandante. Un modo di vivere la città come ambiente privato, una fuga dal caos ricostruendo nuovi spazi sonori personali.
Si raccomanda la lettura fino al termine. Un interessante saggio sulla dominanza sonora, partendo dal reggae dancehall, delinea i tratti del paesaggio sonoro fortemente immersivo del rituale accompagnato dal sound system, riprendendo contenuti ampiamente trattatati all'interno della rave culture.
Chiude una sorta di manifesto in difesa dell'orecchio, purtroppo sottovalutato in una società che fa della visione l'organo d'elezione.
Il Saggiatore
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